Tumori femminili e immigrazione: un approccio multiculturale

Quanto incide l'integrazione culturale sulla diffusione dei tumori femminili in Italia?

 

L’incidenza dei tumori femminili tra le donne immigrate in Italia è un argomento di crescente importanza nel contesto della sanità pubblica.
Mentre il nostro paese continua ad accogliere una varietà di comunità provenienti da tutto il mondo, emerge un’interessante sfida: l’accesso ai servizi di screening precoce e di prevenzione del cancro per le donne straniere.
Il fenomeno è piuttosto complesso e influenzato da una serie di fattori, tra cui quelli di natura culturale, che spesso ostacolano la partecipazione delle donne immigrate a programmi di screening fondamentali.

Nelle prossime righe, esploreremo le ragioni di questa tendenza e il suo impatto sulla salute delle donne immigrate in Italia.
Analizzeremo come questioni culturali, sociali ed economiche si intreccino creando all’accesso ai servizi di prevenzione del cancro dei tumori femminili.

Se guardiamo la situazione nella sua totalità gli stranieri sarebbero esposti a un rischio oncologico più basso rispetto agli italiani, ma molto più elevato per alcuni tipi di tumore, come quelli infettivi, vedi cancro alla cervice uterina, fegato, stomaco e rinofaringe.

In generale i dati degli ultimi anni ci dicono che solo una bassa percentuale delle donne straniere si sottopone regolarmente ai programmi di screening precoce, sia contro il cancro al seno sia contro il cancro alla cervice uterina.
Per questo spesso le donne straniere arrivano alla diagnosi di cancro tardi, quando la malattia è in uno stadio avanzato.

 

Quali sono i fattori che ostacolano l’accesso alle cure e agli strumenti di prevenzione?

In primis le barriere linguistiche.
Infatti, nonostante le terze generazioni di stranieri appaiano ben integrate nel tessuto sociale nostrano, in realtà chi ha un’età superiore ai 14 anni spesso ha difficoltà a descrivere in italiano i sintomi di una malattia e a comprendere le indicazioni terapeutiche di un medico.
Ovviamente ciò comporta ritardi nella diagnosi, anche un anno dopo gli italiani.

La difficoltà di comunicazione rappresenta un ostacolo significativo, coinvolgendo maggiormente coloro che hanno un’età superiore ai 55 anni e anche dopo un lungo periodo di residenza in Italia, una discreta percentuale continua ad affrontare sfide linguistiche nella comunicazione con il personale medico.

Inoltre, le differenze culturali possono influenzare le credenze e le pratiche relative alla salute, le quali variano da paese a paese di origine.

Le convinzioni religiose, per esempio, influenzano le decisioni, come la proibizione di aderire ad alcune pratiche mediche o il desiderio di cercare cure alternative.
Le pratiche tradizionali, come rimedi erboristici o cerimonie di guarigione, possono essere preferite a trattamenti medici convenzionali.
Le differenze culturali possono anche riguardare l’importanza della privacy in questioni mediche e la preferenza per il coinvolgimento della famiglia nelle decisioni sanitarie, il che influenza il modo in cui le donne straniere cercano e ricevono cure oncologiche.

lo stato socioeconomico.

La precarietà economica genera disparità nell’accesso alle cure, ma anche difficoltà nel coprire i costi, come il trasporto per le visite o le spese per i farmaci.

È vero anche che, alcune immigrate potrebbero non essere consapevoli dei servizi di prevenzione e screening disponibili in Italia o essere poco informate sui rischi del cancro e sull’importanza delle cure preventive. La mancanza di informazione può comportare una scarsa partecipazione ai programmi di screening.
Questo fattore è strettamente collegato alla mancanza di una rete di sostegno sociale, soprattutto perché spesso si è lontane del gruppo familiare e sociale d’origine.

Tumori femminili e immigrazione: comunicazione e prevenzione

L’integrazione è un concetto ampio al quale riconduciamo la prevenzione, primaria, secondaria e terziaria.
Bisogna partire dalla promozione dei programmi di screening, con la diffusione di materiali informativi e servizi di traduzione per spiegarne l’importanza, in modo che sia il più chiaro e comprensibile possibile.
Come farlo? Coinvolgendo le associazioni culturali e le comunità che svolgono un ruolo chiave nella sensibilizzazione e nell’educazione sulla prevenzione del cancro.

Inoltre, i servizi sanitari dovrebbero fornire assistenza multiculturale, sfruttando sempre più la professionalità di interpreti e mediatori culturali, per facilitare la comunicazione tra i pazienti stranieri e il personale medico, riducendo le barriere linguistiche e culturali.

Sono necessari programmi educativi che tengano conto delle differenze culturali, religiose e delle pratiche tradizionali e di conseguenza un approccio olistico alla malattia, ove vengano considerati aspetti medici, sociali, culturali ed economici.
Anche la scuola, soprattutto per quanto riguarda il vaccino contro l’HPV e il papillomavirus, potrebbe essere più incisiva, con progetti basati proprio sulla diffusione del valore della prevenzione!

In conclusione, è fondamentale che la società collabori con servizi sanitari, associazioni culturali e istituzioni, per garantire che ogni individuo, indipendentemente dalla sua origine, possa accedere a servizi di prevenzione e trattamento del cancro equi e appropriati.

Promuovere programmi di screening multiculturali è solo l’inizio di questo percorso.
È essenziale coinvolgere attivamente le comunità straniere, educarle sulla prevenzione e l’importanza dei controlli regolari e rimuovere le barriere linguistiche e culturali che possono ostacolare la comunicazione e l’accesso alle cure.

Solo adottando tali misure è possibile ridurre in modo significativo le disparità nell’incidenza e nella mortalità da tumori femminili tra le donne straniere in Italia e garantire a tutte una salute migliore e una migliore qualità di vita.

 

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